A differenza di quanto i media vogliono farci credere, crescere significa percorrere dentro di noi la strada che conduce alla scoperta della nostra unicità, stimolati in modo speculare dal percorso fuori di noi.
Crescere non è realizzarsi solo esteriormente, ma anche e soprattutto interiormente. Solo l’equilibrio tra queste due dimensioni può condurre l’uomo verso la pace e la serenità sulla terra.
La riflessione su questi aspetti, chiama alla mente l’immagine dell’albero, che vede nelle radici, la vita, il cuore e l’ancoraggio al terreno, mentre nel tronco e nella chioma, lo sviluppo esteriore di quella vitalità interiore non immediatamente visibile, senza la quale non ci sarebbe l’albero.
Questo sviluppo armonico, non può realizzarsi senza l’incontro con la ricchezza e l’unicità degli altri.
Ecco perché gli studiosi ci ricordano sempre che “l’uomo è essenzialmente un essere in relazione”. Perché ha bisogno degli altri e dell’incontro con gli altri, per crescere e maturare in un incontro con sé stesso, senza il quale, difficilmente perfezionerà in modo stabile ed equilibrato, la cura di sé e dell’altro.
Ma come si realizza questo atteggiamento relazionale?
Margherita Cestaro, nel suo articolo sull’Educare gli adolescenti alla spiritualità e alla religiosità, ci suggerisce la visualizzazione di due dimensioni:
- quella orizzontale: che si concretizza nelle relazioni con gli altri e con la comunità e che permette la crescita e lo sviluppo dell’umano;
- quella verticale: che si realizza nella relazione con la profondità del proprio sé … ma non solo … e con l’Altezza di ciò che va oltre la realtà empirica e si apre all’orizzonte etico-valoriale, fino a raggiungere, per chi sceglie, la relazione con il Tu di Dio. Questa dimensione è quella che ci conduce alla ricerca del significato delle scelte e delle azioni della nostra vita e che permette di trascendere da sé, elevandosi sino al rapporto con Dio e sviluppando la spiritualità.
Quindi, la dimensione orizzontale che si realizza nell’incontro con l’altro, è condizione necessaria per accedere alla dimensione verticale, che ci conduce nell’interiorità. In questo percorso interiore, il contatto con noi stessi è il punto di partenza che permette di arrivare, per chi lo cerca, all’incontro con Dio.
Questa lunga premessa è propedeutica all’approfondimento del significato della preghiera.
La preghiera costituisce la forma di comunicazione e di contatto tra l’uomo e Dio. Il suo unico fine è quello di elevare l’anima a Lui. È azione di Dio e dell’uomo, che li avvicina in una relazione intima d’amore, consentendo all’uomo l’esperienza del proprio inestimabile valore, proprio perché amato incondizionatamente e gratuitamente. Ma non solo, la preghiera riconosce valore alle fragilità dell’uomo, perché è anche attraverso queste debolezze, che Dio si fa prossimo, proprio come accade nelle nostre famiglie, dove il genitore col suo amore, supporta, corregge e gioisce col figlio. La preghiera può essere considerata come l’atto attraverso il quale l’uomo parla a Dio. Mentre la meditazione, che chiede il silenzio dell’io, rappresenta il parlare di Dio all’uomo.
Guardandola dal punto di vista psicologico, la preghiera assume anche una funzione di aiuto per la persona, perché diventa difesa da tristezza e sconforto, solitudine e disperazione. Essa attiva la funzione parasimpatica, riducendo la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca, rafforzando la risposta immunitaria e abbassando i livelli ematici di cortisolo (l’ormone dello stress).
La scienza ci dice che la fede, che si coltiva attraverso la preghiera, rappresenta anche uno dei requisiti che permettono lo sviluppo della resilienza (capacità di far buon viso a cattivo gioco e di mantenere l’equilibrio nelle avversità). Dalle evidenze degli studi recenti, emerge come la fede riesca ad aiutare gli individui nei momenti di difficoltà, sia ad un livello personale che di comunità. Infatti, la propria dimensione spirituale, intesa come l’insieme di spiegazioni e significati che un individuo attribuisce agli eventi, è in grado di dare un senso a molti di questi, che invece potrebbero risultare difficili da superare (per esempio: lutti, tragedie, incidenti, malattie, calamità naturali, ecc.) sia per il loro impatto emotivo, sia per altre contingenze, come la gravità e la rarità.
Inoltre, il senso di comunità e di condivisione che si crea nelle realtà religiose, riesce a fornire un aiuto e una connessione interpersonale molto intensa e di grande supporto per le persone che ne fanno parte, diventando esso stesso elemento terapeutico.
Certo, psicologicamente la preghiera rappresenta, senza ogni ombra di dubbio, un aiuto al percorso dell’uomo sulla terra. Tuttavia, è indispensabile mettere a fuoco, che non può essere declassata a strumento terapeutico al servizio dell’uomo. La preghiera è una esperienza di ricerca e di incontro dell’uomo con Dio. È attraverso questa autenticità di desiderio e amore che si realizza l’effetto terapeutico della relazione col Divino. Non si può confondere l’amore con la strategia e la tecnica. È l’amore che cura. Senza amore, autenticità, desiderio, non c’è effetto terapeutico della “preghiera”.
Santa Teresa d’Avila parlando della preghiera ci rivela: “l’orazione mentale, a mio parere, non è che un intimo rapporto di amicizia, nel quale ci si intrattiene spesso da solo a solo con quel Dio da cui ci si sa amati”